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“Food Delivery opportunità o fregatura per i ristoratori?”

Approfondiamo un trend della ristorazione che è emerso prepotentemente proprio grazie alla pandemia e al lockdown: stiamo parlando del food delivery, la ristorazione a domicilio che nei mesi più bui del Covid ha rappresentato per i locali italiani una discreta anche se insufficiente fonte di introiti.

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Ma questo delivery conviene davvero?
Pensate che nei mesi più duri del lockdown ha avuto picchi anche del 150%, poi i picchi sono rientrati ma comunque dal precovid ad oggi la crescita è stata del 25%. E con gli acquisti è aumentato anche il numero dei clienti: da un’indagine di Coldiretti risulta che oltre 4 milioni di italiani si sono fatti consegnare cibo a domicilio almeno una volta al mese: un’abitudine più marcata nella fascia di età che va dai 25 ai 34 anni. 7 volte su 10 hanno scelto la pizza.
Ma quello del fuoricasa che va a casa non è un fenomeno solo italiano, vi do un numerone secondo una stima di Food Affairs il mercato del food delivery nel mondo vale al momento 126,91 miliardi di dollari, è diventato uno dei mercati più attivi e ad alta competizione a livello globale
Tanta, tanta roba, che comincia a far gola ai grandi investitori e sappiamo che quando i soldi si muovono c’è sempre qualcuno che li fiuta e li segue. Ma è buono per chi questo mercato?
Per i grandi investitori?
news.jpgPer le piattaforme tecnologiche, che stanno crescendo e moltiplicandosi?  
O buono per i ristoratori e i gestori di locali Horeca?  
Certamente buono per le piattaforme tecnologiche, quelle delle cosiddette big tech dalle quali passano la stragrande maggioranza delle ordinazioni e che trattengono una fetta importante della spesa… addirittura secondo quanto denuncia il Fatto Quotidiano il 50% di quanto paga il cliente consumatore ordinando il cibo tramite app va alle piattaforme.
Ci sembra un dato eccessivo, altre fonti che abbiamo indagato parlano di percentuali del 30% compreso il costo della consegna, quel ristorante che invece riceve l’ordine e provvede a consegnare in autonomia paga una percentuale più bassa, intorno al 15-20%.
La commissione è quindi salatina, alla quale si aggiungono qualche centinaio di euro per attivare il proprio account e poi sostenere con altri decurtazioni le promozioni.
Ma vi è un aspetto cruciale, che nessuno dei nostri amici ristoratori ha denunciato, parliamo dell’impatto dei cosiddetti big data sulla ristorazione, un fattore di primaria importanza e che spesso viene trascurato dai ristoratori.
Con le prenotazioni e le transazioni sulle proprie app le piattaforme multinazionali registrano ogni giorno migliaia di informazioni, informazioni che vengono continuamente elaborate, da loro, e utilizzate per ottimizzare investimenti e orientare le scelte con cui operano nel mercato.
Grazie a questi dati (dei ristoratori) è possibile profilare gli utenti: cioè sapere quali prodotti vendono di più, quali utenti spendono di più e dove, sanno ad esempio quando gli italiani ricevono lo stipendio… e via con le promo, quali sono i servizi preferiti, quali zone e fasce orarie che rendono di più, e così via.
Potete ben capire che questi dati hanno un valore enorme.
Il rischio vero qual è?
È che il possesso dei dati consenta ai big delle piattaforme di assumere posizioni dominanti. Una prassi non nuova, su questo punto abbiamo già esempi consolidati: è già capitato in altri settori, come quello turistico con Booking o nel retail con Amazon, operatori che con l’uso scientifico dei big date sono capaci di, far pesare la propria forza e condizionare il mercato a proprio vantaggio.   
Il rischio è quello che i clienti, i consumatori, quelli che decidono di ordinare una pizza e birra, sceglieranno il delivery preferito e non più il ristorante preferito: il ristorante e la pizzeria diventeranno in questo modo un prodotto indifferenziato, dove l’unico tratto distintivo rischierà di essere il prezzo.
E quando si arriva alla guerra dei prezzi, signori miei, non è un bene per nessuno, certamente non lo potrà essere per i gestori dei locali.
Statevi accorti, allora!

 

Qualche suggerimento non richiesto
1- Gestisci la relazione con i tuoi clienti in maniera personale, magari attraverso l’uso dei social e adottando le tante soluzioni oggi disponibili che consentono di archiviare, analizzare ed usare in proprio dati e informazioni.
2 - Esattamente quei dati, che sono tuoi, visto che riguardano i tuoi clienti  a cui prima non si dava peso e invece sono uno strumento potente se usati in modo strategico per operare  le scelte più opportune per il proprio locale
3 - Poi puntare sul marchio, sulla tua insegna che deve essere sempre più unica e riconoscibile, che sarà scelta dai clienti in quanto tale e non perché si è su quella piattaforma più o meno famosa.

 

Tratto da Pizza&core N 110... Clicca qui per sfogliarlo!

 

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20/01/2022

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