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TTIP ne avete sentito parlare?
Del TTIP se ne riparlerà nel 2018, ma capiamo cosa potrebbe cambiare in tavola con il trattato USA - UE
Una sigla che sta per Transatlantic Trade and Investment Partnership, cioè il trattato USA-UE per il commercio e gli investimenti. È qualcosa che ci riguarda? Sì, anche molto da vicino, sia come ristoratori che come consumatori.
Ma andiamo per gradi.
L’obiettivo dichiarato dal trattato è quello di integrare i mercati; come? Riducendo i dazi doganali, ma soprattutto modificando e uniformando una serie di regolamenti tecnici, norme e procedure tra cui anche regole sanitarie e fitosanitarie. Dunque, il TTIP ci riguarda da vicino perché regolerebbe (fra le tante cose), anche ciò che andremo a mangiare.
L’accordo non è andato in porto, ma è ancora in corso di consultazione: sono tanti i nodi da dirimere in un trattato che potrebbe cambiare non solamente il volto dell’economia, ma anche parte del volto della agricoltura e dell’allevamento e dunque dell’alimentazione casalinga e della ristorazione.
Ma quanto siamo informati sul TTIP?
La ricerca presentata alla Fiera Zootecnica Internazionale di Cremona ad ottobre da Renato Mannheimer di Eumetra Monterosa e Luigi Pastorelli dello Schult’z Risk Centre dice che il 61% degli allevatori e agricoltori intervistati pensano che il trattato USA-UE per il commercio e gli investimenti, non apporterebbe nessun vantaggio all’agricoltura italiana, e ancora meno (l’86%) alla propria attività; le aziende e le cooperative del territorio, all’opposto, intravedono nel TTIP importanti opportunità di sviluppo.
La ricerca che fotografa il sentiment delle aziende agricole padane nei confronti del TTIP rileva che solo il 48% degli intervistati ha sentito parlare dell’accordo e, tra questi, l’83% si è dichiarato contrario. Soltanto il 19% ha dichiarato di aver seguito con attenzione la trattativa internazionale sul TTIP, in particolare il dibattito che su di esso si è animato negli ultimi mesi. La maggior parte del campione (62%) vorrebbe che la trattativa in corso tra i governi interessati si arenasse.
«A mio avviso - spiega Luigi Pastorelli - il TTIP è una possibile fattiva strategia di acquisizione e di consolidamento del proprio mercato perché di fronte a questo scenario l’unica vera possibilità di sviluppo può provenire dai mercati esteri».
Questo non è l’unico sondaggio effettuato; spiega il prof. Mannheimer: «Sulla base di un precedente sondaggio, condotto nei mesi scorsi su un campione rappresentativo della popolazione maggiorenne che usa Internet, risulta un forte scetticismo nei confronti del TTIP, legato in particolare alla scarsa conoscenza dei contenuti del trattato e delle sue implicazioni».
Dalla parte del SI al trattato coloro che intravedono una forte espansione del made in Italy negli Usa grazie alla maggiore apertura dei mercati. Dalla parte del NO chi, invece, sostiene che le regole del trattato andrebbero tutte a favore degli USA: fra questi il Ministro dell’Economia e vice-cancelliere tedesco, il socialdemocratico Sigmar Gabriel, sottolinea che non si è trovata l’intesa.
Del TTIP se ne riparlerà nel 2018, ma occorre che tutti siano informati.La voce degli scettici
Nell’accordo rientrano anche regole su alcuni temi come la somministrazione di anabolizzanti negli allevamenti bovini, la commercializzazione di prodotti OGM, le denominazioni di prodotti tipici. I rischi del TTIP per l’agricoltura europea, redatto da Friends of the Earth Europe e pubblicato in Italia in collaborazione con l’associazione Fairwatch, afferma che il TTIP porterà molti agricoltori d’Europa a confrontarsi con una maggiore concorrenza e prezzi più bassi da parte dei competitor Usa; potrebbe scomparire la maggioranza dei prodotti a Denominazione d’Origine Protetta; gli alimenti DOP dell’area UE potrebbero essere confusi con prodotti simili non italiani, prodotti con norme igieniche più blande di quelle vigenti oggi in UE in materia di cibo.
Carni, latte, ogm: cosa arriverà nel piatto?
Si legge: “La lista proposta dal TTIP di prodotti DOP e DOC europei da tutelare supera di poco il numero di 200 marchi, mentre in UE se ne preservano oltre 1500. Il numero è insufficiente, dice il Rapporto della Campagna europea StopTTIP: la Denominazione d’origine protetta perderà la propria specificità. Gli Stati Uniti producono già, nei loro confini, alimenti assai vagamente simili a quelli europei, ma con l’approvazione del TTIP essi potranno circolare liberamente anche in UE e confondersi con gli originali. A scapito non soltanto della questione etica del cibo protetto, ma soprattutto del rispetto e della tutela della salute dei consumatori”(Repubblica). Il TTIP potrà non solo agevolare l’export italiano, ma anche l’import dall’estero, con ingresso di carni, formaggi, pollame, maiale USA, prodotti con regole diverse da quelle europee. In conclusione, il timore è che ci sia ingresso di prodotti a basso costo di minor qualità rispetto a quelli italiani, compromettendo, di fatto, l’agricoltura e l’allevamento e mettendo, come risultato, nel nostro piatto cibo non italiano, col rischio, anche, che le aziende italiane, per essere concorrenziali all’interno della nazione, giochino al ribasso della qualità.
14/12/2016

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