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Pit’sa, vegetale e inclusiva: “sforniamo pizze buone di natura”
Si scrive Pit’sa, si legge pizza ed è la testimonianza che si può andare sul mercato proponendo un modo di lavorare fuori dagli schemi. Impasti leggerissimi, ingredienti genuini esclusivamente vegetali, farciture creative e un servizio impeccabile. Per scoprire Pit’sa abbiamo intervistato il suo fondatore Giovanni Nicolussi.
Giovanni, siete presenti con due punti, giusto?
«Esattamente. Il primo punto vendita è stato aperto a Bergamo e compie due anni a dicembre. Il secondo si trova a Milano ed è stato inaugurato il 28 giugno».
Quindi Bergamo è stata la vostra prima esperienza?
«Sì, abbiamo iniziato da Bergamo perché viviamo in un paese della provincia, volevamo testare il nostro format vicino casa. Ci ha permesso di verificare se il progetto fosse sostenibile fin dall’inizio per poi espanderlo».
Parliamo subito dell’insegna, Pit’sa
«Tante volte noi giudichiamo con gli occhi le cose e le persone differenti esteticamente da quello che conosciamo. Ma poi la sostanza è uguale, ma tendiamo ad essere diffidenti da quello che ci appare lontano dal solito o da noi. Il nostro logo è un simbolo: a vista sembra scritto male, però quando lo si va a leggere, a livello fonetico, si pronuncia la Z e si legge Pizza. Alla fine, è solo un gioco di sguardi. Ecco, siamo tutti uguali. Questa è la nostra mission».
La scelta di dedicare il vostro menù alla cucina vegetale com’è nata?
«Sei anni e mezzo fa, mia madre si è ammalata di cancro e le è stato consigliato di eliminare carne e derivati per alleggerire lo stomaco durante le terapie. La sua pizza preferita era con crudo e burrata, ma, tolti questi ingredienti, rimanevano opzioni semplici come la marinara. Da lì è nata l’idea di realizzare un menù dedicato a lei. Io e mia moglie Valentina, che è l’anima del progetto, abbiamo collaborato con una chef proveniente dal ristorante stellato di Milano e con un campione del mondo della pizza per sviluppare un prodotto di alta qualità. Il 95% della nostra clientela mangia carne e formaggio e ritorna perché trova comunque un prodotto veramente interessante. Quindi questa è una bella vittoria».
Il vostro approccio inclusivo è un altro aspetto centrale del progetto. Può raccontarcelo?
«Certamente. Mio fratello è disabile e questo ci ha ispirati a creare un ambiente lavorativo che fosse realmente inclusivo. A Bergamo abbiamo assunto sette ragazzi con la sindrome di Down, mentre a Milano cinque. La loro presenza non è un “meno”, come spesso la società tende a vedere, ma un enorme valore aggiunto. Dimostriamo che il nostro servizio è professionale e competitivo.
La nostra missione, però, non è dare lavoro a persone con disabilità; il nostro messaggio è rivolto alle 27.000 persone che si sono sedute in un anno a Bergamo. Queste persone, la maggior parte, non hanno disabilità in casa e Pit’sa vuole lasciare un segno nel loro cuore, cioè “si può fare inclusione con i ragazzi e lavorare molto bene».
È un messaggio potente visto che la vostra è un’azienda commerciale, non una Onlus o un’associazione.
«Esatto, siamo un’azienda a tutti gli effetti, una S.r.l. Questo significa che operiamo nel mercato con gli stessi obiettivi di sostenibilità e crescita di qualsiasi altra impresa. La nostra inclusione non è il fine dell’attività, ma è un modo di fare impresa, dimostrando che si può lavorare con qualità e valori».
Concludiamo chiudendo il cerchio: torniamo indietro a livello cronologico; il suo percorso personale non nasce dal mondo Horeca, quindi domando: come è nato l’interesse per la ristorazione?
«Vengo dallo sport, ma nonostante la mia carriera ho sempre avuto una grande passione per il fuoricasa. Mi affascinavano il mondo della caffetteria, dei vini e dei distillati. Durante gli ultimi anni di gioco ho frequentato il corso AIS da sommelier e un corso di caffetteria. In più ho lavorato al Caffè Pedrocchi di Padova, un’esperienza che mi ha ulteriormente avvicinato al settore. Questa passione è nata anche dall’atmosfera familiare: durante le cene a casa, vedevo come, per qualche ora, gli ospiti e i miei genitori riuscivano a dimenticare i problemi e a vivere momenti di pura convivialità. Questa energia positiva mi è rimasta dentro».
Pizzeria Pit’sa | www.pizzeriapitsa.com/it/ | Via Alberto Pitentino, 6 - Bergamo | Via Cadore, 31- Milano |
Articolo tratto da Pizza&core Collection N 122
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