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La prima questione che andiamo a dipanare riguarda la preparazione professionale e la specifica competenza di chi si occupa di ristorazione in Italia.
Secondo Cosimo Mogavetti, pizzaiolo/ristoratore, che dichiara di possedere trent’anni di carriera, in Italia, almeno tre locali su dieci lasciano a desiderare in fatto di professionalità e competenza, sia per quanto concerne le attività ristorative che per quanto riguarda il servizio di accoglienza, gestione dei camerieri per intenderci. Taluni pizzaioli sono dei veri e propri asini che svolgono malissimo un lavoro che non gli compete per nulla.
Questo poco serio modo di lavorare, sempre secondo Mogavetti crea tutta una serie di danni al comparto ingenerando un complessivo atteggiamento di sfiducia da parte dei clienti e dei consumatori. Se poi a ciò aggiungiamo la crisi in atto, ecco che il quadro si completa e la situazione complessiva si fa ancora più sconfortante.
Allora, cerchiamo di ragionare su quanto afferma il nostro lettore. Sul fatto che la professionalità e la competenza ristorativa sia un plus indispensabile non nutriamo alcun dubbio, lo abbiamo scritto mille volte: senza qualità, senza conoscenza, senza abilità, senza cortesia, senza buon gusto non si va da nessuna parte. Improvvisare in ristorazione è come buttarsi in un mare sconosciuto senza salvagente. Il pericolo è grande e la chiusura del locale è una fine quasi certa. Quello che invece contestiamo a Mogavetti è il dato relativo ai tre locali su dieci in Italia che secondo lui peccano di mancanza di professionalità e competenza. Non possediamo studi e analisi ufficiali che asseriscono quanto dice, né riteniamo possano esistere tali dati. È molto difficile stabilire quali e quanti locali sono sotto la soglia della buona professionalità. E poi chi la stabilisce questa soglia? La scelta, come tutti sanno quelli che vivono di mercato, la fanno i consumatori. Sono loro che decretano il successo o l’insuccesso di un’iniziativa, di un locale, di una pizzeria o di un bar. Da questo punto di vista sono decisamente infallibili. Non ci sentiamo peraltro nemmeno di avvallare il ragionamento secondo il quale questi locali “meno buoni” contribuiscono a sfiduciare i visitatori e aggravano ancor più la crisi della ristorazione in Italia.
Anche in questo caso vale la regola della “scelta”: chi decide di andar a mangiare fuori, per una pizza o uno spaghetto, se prende una fregatura, non dice che tutte le pizzerie fanno schifo; molto semplicemente cancella dalla sua agenda quella pizzeria, magari avverte amici e parenti della sola che ha preso e poi, quando deciderà di andare nuovamente a mangiare fuori, cercherà di informarsi meglio prima.
Insomma anche in questo caso è il consumatore che è sovrano, è lui che deve imparare a riconoscere (comunque a sue spese) gli asini dai pizzaioli… e scegliere ovviamente i pizzaioli.
02/08/2012
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