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La pizza rende poveri?
Così sembrerebbe stando alla relazione annuale dell’INPS nella quale è scritto chiaro e tondo che il 64,5% degli addetti, dei lavoranti in ristoranti e alberghi è considerato “lavorativamente povero” cioè sottopagato e sfruttato?
Ma è vero? Si è vero! Ma per colpa di chi: del datore di lavoro che li sfrutta o dello Stato che tartassa?
L’INPS come al solito fa la sua denuncia “da applausi”, invoca controlli e sanzioni, abbaia alla luna senza però avere la minima idea di quanto sia complicato, difficile e a volte impossibile far quadrare i conti nella gestione di un locale.
Il fenomeno dei dipendenti sottopagati viene denunciato anche da FIPE, che parla di dumping contrattuale, ovvero ci sono locali e ristoranti che applicano il contratto ufficiale di lavoro, altri che mettono in atto escamotage contrattuali per economizzare oltre che sullo stipendio al dipendente, anche su tutto il corollario di tasse e imposte che gira intorno ad una busta paga che è tanta roba, anche fino al 100% dello stipendio netto in tasca al dipendente. Il famoso cuneo fiscale del quale si parla da tempo per abbassarlo ma senza esito alcuno.
Premettiamo che ci sono tante pizzerie in Italia i cui titolari lavorano con coscienza e applicano alla lettera le norme.
Ma resta sempre un aggravio poco gestibile.
Un altro punto di riflessione che emerge è: perché fuori dall’Italia, andando ad esempio in Svizzera Inghilterra, ecc. un cameriere o un pizzaiolo guadagna il doppio e anche qualcosa di più. Come mai? Sono dei mecenati buoni di cuore i gestori dei locali all’estero? O sono più bravi a gestire un locale? O ci sono meno tasse e balzelli a cui far fronte? O i prezzi al consumo sono più alti? O anche perché all’estero, ad esempio in Francia e in Inghilterra, ci sono meno locali in proporzione alla popolazione, e questo significa disporre di una torta di mercato più ampia?
Riteniamo che sia un po’ di tutta questa roba messa insieme.
Resta il fatto che non è bello apprendere che la “pizza rende poveri” non ci piace.
Che fare allora?
Abbiamo qualche soluzione, premetto che non è farina del nostro sacco, ma abbiamo raccolto una serie di indicazioni di addetti ai lavori autorevoli e competenti.
Le elenchiamo consapevoli che una soluzione da sola non basta, ma devono lavorare insieme sinergicamente.
Prima cosa da fare
Salario minimo si va bene, facciamo la legge, ma facciamo anche un bel taglio netto al cuneo fiscale. È assurdo che i 1200/1500 euro netti in tasca al cameriere per le sue 8 ore, costino alla fine oltre 3000 euro al datore di lavoro.
Anzi come propongono diverse associazioni di gestori di pizzerie, via completamente le tasse per almeno 5 anni ai ragazzi nuovi assunti. Dicono che i giovani non lavorano sono un peso per la società. Se invece lavorassero con il salario minimo di legge, dando però al datore di lavoro il vantaggio di non pagare nessun contributo o altri orpelli ci guadagnerebbero tutti: ci guadagna il ragazzo apprendista, il datore di lavoro non deve fare magheggi sulle buste paga e alla fine ci guadagna anche lo Stato, cioè tutti noi, magari risparmiando un reddito di cittadinanza.
Seconda cosa da fare fondamentale
Formazione, formazione, formazione, ai massimi livelli e agevolata. Lo Stato, le Istituzioni, le scuole devono stimolare, favorire, aiutare chi decide di formare il proprio personale. Agevolare il contatto fra il mondo della scuola e il mondo del lavoro, eliminando ogni tipo di barriera e inutile burocrazia.
Ovviamente anche formazione, altissima formazione nella gestione di un locale, imparare a fare strategia, fare i conti, gestire e premiare, incentivare i dipendenti bravi che vogliono crescere. È un mestiere anche questo, che si può imparare. Certamente.
Ma tutto questo potrebbe non bastare per cancellare, da qui ad un paio di anni, quella odiosa percentuale dell’INPS 64,5% di personale Horeca lavorativamente povero. Che parola infelice.
Tutti devono fare la loro parte, lo Stato con il taglio del cuneo fiscale e il sostegno alla formazione, gli addetti ai lavori a volere imparare con passione e con spirito di sacrificio, i gestori ad essere sempre più bravi a far di conto con coscienza e onestà.
Ma, e qui veniamo a noi, anche il consumatore dovrà fare la sua parte per evitare che l’INPS dica che l’Horeca è il luogo che rende miseri e poveri il 64,5% di chi sfortunatamente ci lavora. Si il consumatore, cioè tutti noi. Siamo pronti a pagare un caffè al banco due euro? Una pizza Margherita 10-12 euro (non quella di Briatore, quella manco regalata) una bevanda 5 euro? Siamo pronti o l’associazione dei consumatori griderà al ladro e invocherà lo sciopero della pizza?
Giuseppe Rotolo
Articolo tratto da Pizza&core Colletion n 113
per sfogliarlo clicca qui
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