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Tutta un’altra storia
In giro per il mondo, fortunatamente in Italia anche no, ci sono “mostri di ferro e sensori” che fanno pizza. Robot che stendono palline, sparano sugo di pomodoro e farciture varie, e fra un bip e un din infornano, sfornano e consegnano. Ammettiamolo, fanno un po paura a vederli all’opera: mostri senza anima che fanno un cibo che secondo noi un’anima ce l’ha.
Parliamo di industrializzazione dei processi, specie in quelle catene in american style (1000, 2000, 10000 locali tutti uguali), dove lavorano, si fa per dire, pizzaioli robotici.
E quindi le domande sono: in futuro la pizza sopravviverà alla sua artigianalità, oppure sarà fagocitata dalla robotica? Che fine farà l’arte della pizza, fatta di sapienza di impasti e lievitazioni, di antichi gesti delle mani dalle quali nasce questo alimento che è diventato famoso e apprezzato in tutto il mondo grazie proprio all’arte del pizzaiolo?
Ebbene per rispondere a queste domande, abbiamo coinvolto tre amici, operatori del settore, cominciamo con Marco D’Annibale, CEO di Gi.Metal azienda toscana che lavora in tutto il mondo, sentiamo cosa ci dice Marco c’è davvero il rischio che la robotica prenda il sopravvento sulla manualità del pizzaiolo e la pizza artigianale?
«Io non credo che la tecnologia ucciderà la pizzeria artigianale. Penso a quello che è successo negli anni scorsi quando abbiamo visto l’affermarsi della pizza surgelata che è entrata in tutte le case, è diventata un cibo consumato da tutti. Questo però non ha impedito alla pizzeria tradizionale di crescere e continuare a prosperare; quindi la tecnologia si espanderà nel mondo della pizzeria, l’industrializzazione crescerà senz’altro, ma credo che la pizza artigianale avrà sempre e comunque un ruolo predominante perché uscire a mangiare una pizza è un’esperienza particolare, un’esperienza di relazione con gli altri, perché si va a mangiare la pizza spesso in compagnia; l’emozione di ritrovarsi una pizza nel piatto che non è sempre la stessa come la pizza surgelata, appunto, come la pizza industriale, perché poi la pizza artigianale ogni volta è una creazione diversa e quello che si riceverà nel piatto non è mai scontato, quindi è un’esperienza ogni volta nuova per quello che ci si ritrova davanti e per le persone con la quale si vive, quindi sono assolutamente confidente che l’impegno dei pizzaioli nel continuare a fare una, a creare le condizioni per una esperienza buona, ottima per i loro clienti ci sarà senz’altro un futuro roseo per la pizzeria artigianale».
Quindi Marco vede roseo, bello il suo distinguo fra l’emozione di una pizza artgianale e la freddezza di una industriale, ha parlato di impegno di pizzaioli nel tutelare questo prodotto. Ma se le macchine prendono sempre più il sopravvento non è forse perché i pizzaioli scarseggiano? È un mestiere che non alletta più? Ecco cosa ci dice Francesco Matellicani, maestro pizzaiolo e docente in Calabria, di una scuola di formazione per pizzaioli.
«La carenza di personale è un problema concreto non solo dei pizzaioli, non solo stagionali ma di tutto l’anno: ci sono 180mila posti vacanti. Credo che uno dei motivi principali sia legato al reddito di cittadinanza: le persone preferiscono svolgere lavoro sommerso uno, due volte alla settimana piuttosto che sacrificarsi con turni massacranti.
In questi ultimi due anni abbiamo assistito ad un totale cambio di stile di vita; con la pandemia in molti hanno scoperto il valore del tempo da trascorrere con la famiglia e sappiamo che questo tipo di lavoro non lo permette, è troppo impegnativo. Poi c’è anche il problema che, diciamo la verità, sono pagati e anche poco, basta pensare come ad un’impresa un lavoratore gli costa circa 26mila euro all’anno, mentre al dipendente gli vanno solo 16mila euro.
Ci si dovrebbe sedere ad un tavolo, sindacati e Governo per rivedere e fare in modo che crescano di più gli stipendi per i dipendenti e che diminuisca la pressione fiscale sulle imprese.
Secondo il mio modesto parere bisogna scommettere di più sulla formazione delle giovani leve, sull’educazione della sostenibilità umana, bisogna tornare a dare valore al mestiere e bisogna offrire ai ragazzi un’esistenza sostenibile. Per farlo credo sia necessario adeguarsi ai tempi moderni e garantire un lavoro e una vita dignitosa.
I ragazzi devono capire che è possibile essere pizzaioli e allo stesso tempo dedicarsi agli hobby e alla propria famiglia.
Anche le istituzioni e le scuole dovrebbero e potrebbero incentivare di più questo mestiere che come sappiamo ancora oggi non ha un riconoscimento ufficiale».
Avete sentito, il mestiere di pizzaiolo non ha ancora un riconoscimento ufficiale dal punto di vista legislativo, una specie di fantasma, anche se l’arte del pizzaiuolo napoletano è riconosciuta dall’UNESCO come bene immateriale dell’umanità, c’è qualcosa che non torna, per punizione ai nostri governanti farei mangiare solo pizze sfornate dal robot.
Torniamo da Marco D’Annibale per capire quale, nel mondo della pizza, deve essere l’equilibrio fra uomo e macchina, fra uomo e attrezzature, aiutare il pizzaiolo nel lavoro conservando la necessaria artigianalità, è questo l’obiettivo, ascoltiamo come lo persegue chi produce attrezzature.
«Allora il momento di creazione di un nuovo utensile o il miglioramento di un utensile esistente è sempre un momento emozionante e molto impegnativo.
La maggior parte delle idee nasce chiaramente dal suggerimento del pizzaiolo perché nessuno meglio del pizzaiolo sa di cosa ha bisogno. A volte tentiamo di immaginare anche il pensare fuori dagli schemi e cerchiamo di immaginare qualcosa che vada anche oltre le aspettative, cerchiamo di creare qualcosa che realmente possa rivoluzionare il mondo della pizzeria, questa è la nostra ambizione più grande. Ma il pizzaiolo è stato e rimarrà sempre al centro del nostro interesse, dei nostri bisogni, della nostra analisi. La produttività è fondamentale sia per il pizzaiolo perché è comunque un utensile ben studiato, aiuta il pizzaiolo a migliorare la sua produttività e quindi sono due aspetti imprescindibili, non è assolutamente un aspetto di secondo piano. Così come c’è anche una ricerca al miglioramento della nostra produttività, perché questo significa spesso migliorare la qualità dei prodotti che riusciamo a realizzare oltre che l’efficienza e quindi anche la gestione dei costi a tutto beneficio del pizzaiolo e del suo lavoro».
A tutto beneficio del pizzaiolo e del suo lavoro, la pizza fatta dalle mani dell’uomo è tutta un’altra storia. A proposito di mani e di pizza fatta dagli umani, concludiamo questa rubrica con una speciale intervista fatta a Davide Civitiello.
Davide Ma quante pizze hanno fatto quelle mani?
«Immagina che per oltre 25 anni, fai una media di 600–700 pizze al giorno, fai un po’ tu!»
«6/700 al giorno per… facciamo 340 giorni all’anno, (gli faccio fare un po’ di ferie) per 25 anni, fanno la bellezza di 5.525.000 pizze… »
Ma Davide per fare una buona pizza servono mani esperte o un cuore caldo, passione?
«Servono tutti e due e poi bisogna collegare alla mente…»
Collegare il cuore alle mani e alla mente, è tutto qui, una pizza superlativa, una pizza indimenticabile, nasce da qui e non dai freddi sensori e braccia di ferro di un robot. Insomma la pizza fatta con la mani di un pizzaiolo e tutta un’altra storia.
Giuseppe Rotolo
Articolo tratto da Pizza&core Colletion n 112
25/05/2022
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