Molti avranno sentito parlare del cosiddetto Ace. Cosa indica questa sigla? Si tratta dell’aiuto alla crescita economica introdotto nel decreto “salva-Italia” firmato da Monti. L’Ace nasce dall`esigenza di rilanciare lo sviluppo economico del Paese e fornire un aiuto alla crescita mediante una riduzione della imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio, nonché per ridurre lo squilibrio del trattamento fiscale tra imprese che si finanziano con debito ed imprese che si finanziano con capitale proprio. Nella sostanza l’Ace è un bonus fiscale che permette di favorire la capitalizzazione e che permette di dedurre dal reddito il 3% del nuovo capitale. Il bonus, sfruttabile già nelle dichiarazioni 2011, non è appannaggio esclusivo delle Srl, ma è utilizzabile da ditte individuali o a conduzione familiare, tipologia di impresa che caratterizza la maggior parte dei pubblici esercizi in Italia. Possono beneficiare del bonus anche Sas e Snc (se adottano contabilità ordinaria). Se nelle Srl c’è un capitale su cui calcolare la detassazione, in questi altri tipi di impresa c’è una procedura differente: ai fini dell’applicazione dell’Ace è agevolabile l’intero patrimonio netto che risulta al termine di ciascun esercizio; su questa cifra base si applica il coefficiente nozionale del 3% e si conteggia la quota di reddito da detassare (deduzione dell’imponibile Irpef).

Per le imprese familiari e le aziende coniugali, qualora l’importo deducibile supera il reddito di impresa, l’avanzo va assegnato ai periodi di imposta successivi all’imprenditore e ai collaboratori familiari, proporzionalmente alle quote di partecipazione al reddito. Dunque, in definitiva, l’ACE opera una diminuzione del reddito dichiarato. Va però precisato che concorre alla formazione del reddito complessivo “virtuale”, quantificato per fissare le detrazioni Irpef come carichi di famiglia, da lavoro, da oneri.