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In ogni attività il controllo delle risorse (siano risorse monetarie che strumentazioni o materie prime) è essenziale per la buona gestione; questo vale anche per ristoranti e pizzerie le quali dovrebbero prestare sempre attenzione nei confronti delle spese effettuate per non perdere inutili risorse e per avere un’idea chiara del costo di ciò che producono (il piatto servito) da cui dipende in parte il prezzo finale in menu e il guadagno.
Calcolare il food cost, in altre parole quanto costa un piatto considerando tutte le variabili in gioco (costo materie prime, costo energia, costo lavoro, etc. etc.) permette di avere migliori margini e di non incorrere nell’altro fenomeno spesso citato, il food waste, termine inglese che possiamo tradurre con spreco alimentare. A tal proposito apriamo una parentesi: la ristorazione è, nella filiera del cibo, l’ultimo tassello insieme alla cucina domestica, ma sembrerebbe che a livello generale sia abbastanza virtuosa essendo il tassello dove si spreca meno cibo. Tuttavia, questo non implica che molti ristoranti e pizzerie non possano far sempre meglio, evitando di gettare (e sprecare) via cibo, sia per motivi etici che economici.
Chiusa la parentesi ritorniamo al food cost e proviamo a sviluppare in questo articolo il primo di molti punti chiave: a) costo effettivo del cibo usato nella preparazione.
Vedremo in altri numeri altre variabili come il magazzino e la rotazione del prodotto, b) l’analisi dell’aumento dei prezzi, c) lo standard di preparazione dei piatti, d) i menù competitivi.
a) Calcolare il costo del cibo
Ci sono diverse procedure e formule per calcolare il costo del cibo. Eccone una molto semplice per determinarlo partendo dal valore di inventario e dal valore delle vendite nell’arco di un periodo prestabilito, nel nostro esempio una settimana.
Costo del cibo %
(Inventario apertura + Acquisto - Inventario chiusura) : Vendite
Per determinare il valore del cibo in magazzino dobbiamo considerare nell’arco di una settimana (o in un arco di tempo scelto) quanto cibo c’è. Se ad esempio s’è chiusa la settimana precedente con un inventario di 5.000 €, questo sarà il valore dell’inventario di apertura di settimana. Vanno aggiunti anche tutti gli acquisti del periodo. Per esempio se si sono acquistati 1000 € di prodotti, questo valore va aggiunto all’inventario iniziale. Nel nostro esempio, quindi, arriveremo ad totale di 6000 €. All’inventario di apertura va sottratto l’inventario finale, cioè quello che è rimasto dopo che tutte le vendite del periodo sono completate. Nel nostro esempio, dopo aver cucinato e servito in settimana è rimasto un inventario di chiusura di 2000 €. Si dovrà sottrarre questo numero al valore iniziale e otterremo un valore di 4000 €. Dividendo quest’ultimo numero per il valore delle vendite settimanali otterremo la percentuale del costo del piatto. Se ad esempio si sono battuti scontrini per il valore di € 10.000 avremo:
(Inventario apertura 5.000 + Acquisti 1000 – Inventario chiusura 2000) : 10.000 = 0,4
In questo esempio abbiamo speso per il cibo 0,4 € per ogni euro di vendite, il che significa che il 40% del ricavo è un costo legato al cibo, dunque sulle vendite della settimana il costo del cibo vale il 40%.
Nelle prossime rubriche parleremo degli altri fattori che incidono sul food cost e come migliorarlo.
Giovanni Rotolo
13/03/2019
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