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Storie di eccellenza
La pizza di qualità sempre più diffusa in ogni angolo del mondo
È stata pubblicata l’ultima guida “Where to eat pizza”, curata da Daniel Young, firma di molti giornali importanti come New York Daily News, The New York Times, The Los Angeles Times, The Guardian and Bon Appetite Magazine. Il volume, senza stilar classifiche, recensisce quasi duemila locali nel mondo, ritenuti dal giornalista e dal suo staff, i migliori.
Fra queste pizzerie tantissime sono italiane.
Sebbene la guida non stili graduatorie, “fuori dalle pagine del libro” Young e il suo staff hanno reso pubblici i nomi delle venti pizzerie ritenute in assoluto le migliori; dieci di queste sono di “casa nostra”.
In un’intervista rilasciata a Carlo Passera Daniel Young spiega: «Ciò che serve è un panificatore appassionato (…) che abbia volontà di imparare, familiarizzando con la migliore materia prima possibile e poi facendo pratica, pratica, pratica. Presi tutti insieme questi pizzaioli hanno arricchito il panorama della pizza nel mondo» e parlando nel dettaglio dei pizzaioli italiani dice: «Questi pizzaioli hanno una caratteristica in comune: sono tutti specialisti dell’impasto, lo studiano a fondo. Ne sono persino ossessionati, analizzano le cotture, le proprietà della farina, l’idratazione e una dozzina di altre caratteristiche».
Preso atto che tutte le guide sono opinabili, la guida di Young è un lavoro che ci interessa perché porta in luce una questione importante: la qualità della pizza in Italia e nel mondo.
Essere Pizzaioli con la P maiuscola
Il lavoro di Young conferma un trend che abbiamo constatato anche nel nostro lavoro editoriale: la qualità della pizza nel mondo è cresciuta.
Dal nostro osservatorio privilegiato possiamo dire che il merito sta nella ritrovata consapevolezza dei professionisti italiani, i quali hanno iniziato a spingere fuori dai confini il prodotto pizza fatto con criteri artigianali tricolore e ridando così alla pizza la sua italianità perduta.
Dall’Italia si esportano non solo prodotti made in Italy (farine, farcie), ma si diffondono tecniche di impasto e farcitura. Grazie al lavoro di pizzaioli, tecnici e aziende italiane, i palati esteri si stanno abituando a gustare l’eccellenza, creando così una nuova domanda, domanda sempre più soddisfatta anche dai pizzaioli non italiani che (però) imparano e studiano le eccellenze per proporre poi la propria pizza di qualità.
Sulle nuove abitudini dei consumatori, Dino Santonicola, pizzaiolo a Dallas, dice: «La pizza napoletana oggi è ben vista; 12 anni fa, quando sono arrivato qui, era molto più difficile farla gustare, ma oggi devo dire che è apprezzata un po’ in tutta l’America».
Parlando sempre di pizza napoletana Antimo Caputo, Ad di Molino Caputo, durante il Caputo Cup spiegò: «Il nostro obiettivo è quello di riportare in America (…) i sapori e i profumi tradizionali (…)».
Pizza di qualità non significa solo pizza napoletana: fra le pizzerie della top twenty di Young c’è anche la pizza in teglia alla romana di Gabriele Bonci e la pizza del veronese Padoan.
Sulla pizza alla romana in particolare e sulla pizza italiana di qualità in generale, grande sforzo di internazionalizzazione è quello dell’azienda Molino Iaquone: come ci spiega Dario Di Norscia, sales manager per i mercati esteri, la costante partecipazione alle fiere internazionali sta permettendo di esportare una Pizza Tradizionale Italiana Gourmet con qualità sempre migliori in termini di digeribilità, gusto, standardizzazione dei processi produttivi.
«Riqualificare la Pizza Italiana posizionandola sempre più in alto nel panorama della ristorazione mondiale» è uno dei prioritari obiettivi del suo lavoro.
La top twenty
Ma ritorniamo alla classifica di Where to eat Pizza.
Leggendola non ci stupisce di trovare nomi a noi già familiari, pizzaioli noti per la bravura, ma di certo anche per la capacità di aver ben comunicato il proprio lavoro attraverso molteplici canali di comunicazione: stampa di settore, eventi di respiro nazionale ed internazionale, fiere, partnership con aziende di settore.
La prima posizione spetta a Franco Pepe della pizzeria Pepe in Grani di Caiazzo; lo segue Gabriele Bonci (Pizzarium di Roma); il terzo gradino è occupato da Ciro Salvo con 50 Kalò di Napoli. C’è poi Simone Padoan de I tigli di San Bonifacio, in provincia di Verona. Ma la pizza, dicevano, oggi è anche eccellente fuori dall’Italia: c’è la Pizzeria Bianco di Phoenix in Arizona che anticipa la Pizzeria La Notizia, di Napoli; c’è la Pizzeria Mozza di Los Angeles (California), seguita da L’Antica Pizzeria Da Michele (Napoli) e dalla Pizzeria Fratelli Salvo di San Giorgio a Cremano (Napoli). Decimo posto ancora a New York con Roberta’s. La Pizzeria Gino Sorbillo (Napoli) è undicesima; seguono poi: Saporè, San Martino Buon Albergo (Verona); La Gatta Mangiona (Roma), Baest (Copenaghen), Braz (San Paolo del Brasile), Una Pizza Napoletana (San Francisco), Paulie Gee’s (New York), Pizzeria Lola (Minneapolis), Frank Pepe (Connecticut), Spacca Napoli Pizzeria (Chicago). Va anche aggiunto che in molte di queste pizzerie c’è un forno di grande qualità firmato Stefano Ferrara Forni: lo Troviamo da Pepe i Grani, Pizzeria La Notizia, Pizzeria Fratelli Salvo, La Gatta Mangiona, Una Pizza Napoletana, Paulie Gee’s.
Fratelli d’Italia, la pizza s’è desta
A chiusura di questo articolo, un cenno va fatto per onor di cronaca alla presentazione del libro di Young in Italia e alla maretta che ha sollevato: per motivi non chiarissimi, è stata fatta saltare la presentazione del volume nella città di Caserta. Saltando la presentazione a Caserta, questa è stata ri-organizzata il 7 giugno in quel di Milano, città che di ottime nuove pizzerie ne sta vedendo tante.
Sembra che la presentazione casertana sia saltata per un derby Napoli - Caserta che ha visto perdere entrambe a favore della capitale meneghina. Altra ipotesi riguarderebbe un’invidia verso Franco Pepe (che appunto troneggia in provincia di Caserta). Questa è davvero un nota di colore e di costume italiano che poco fa onore e poco omaggia questa meravigliosa “Pizza” che, appunto come dicevamo, ogni anno che passa è buona e degna di essere con la P maiuscola in ogni angolo della terra. Ed è questo quello che conta davvero e di cui ogni italiano, e ogni pizzaiolo italiano, dovrebbe essere orgoglioso: “Fratelli d’Italia, la pizza s’è desta!"
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