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Stili di pizza: "bisogna avere una mente aperta"
Intervistiamo il noto pizzaiolo statunitense Tony Gemignani che, in occasione del suo ultimo libro The Pizza Bible, ci racconta il suo percorso professionale.
Sei partito dalla fattoria di famiglia e sei arrivato ad essere un notissimo pizzaiolo: da dove è nato l’amore per la pizza?
«Sono nato in California e cresciuto in una fattoria a Fremont con i miei nonni. Avevamo un podere di circa 35 acri. Per lo più coltivavamo albicocche, ciliegie e fave, ma si può dire che avevamo un po’ di tutto. Vendevamo i nostri prodotti ai mercati e ai conservifici. Io lavoravo in fattoria con mio fratello. Mia madre era sempre in cucina a preparare. Usava sempre i nostri prodotti freschi. Era sorprendente! Il lavoro nella fattoria e guardare mia madre cucinare sono stati i “passatempi” principali della mia vita, e hanno fatto di me quello che sono oggi. Nell’etica del fattore ci sono “fatica” e “tanta dedizione”, come in un ristorante. Avere un ristorante significa inoltre lavorare con ingredienti freschi. Io lo faccio da quando avevo 17 anni!»
La tua prima esperienza è stata la Pizza Free Style. Raccontaci passo dopo passo qual è stato il passaggio dal Free Style alla creazione di ricette.
«Quando avevo circa 18 anni mio fratello Frank III avviò la pizzeria Pyzanos; io mi diplomai proprio in quel periodo e iniziai ad aiutarlo, ma iniziai a far pizze e a praticare la Pizza Acrobatica verso i 23 anni. Sono diventato famoso nell’acrobatica dal ‘95 quando vinsi il mio primo titolo mondiale, a cui ne seguirono altri. Dal 1995 al 2008 ho avuto la fortuna di viaggiare per il mondo per lavoro, imparando diversi stili di pizza, per poi rientrare a lavorare in California e sperimentare nuove tecniche e ricette.
Per me il passaggio dalle competizioni di pizza acrobatica a quelle di pizza preparata e cotta avvenne nel 2003. Avevo un forno a legna a casa, iniziai così a importare molti ingredienti italiani. A Pyzanos mi esercitavo moltissimo».
Perché decidesti di venire a Napoli per il campionato nel 2007? Cosa speravi di trovare a Napoli e in Italia?
«Ho sempre lavorato e fatto ricerche sulla pizza napoletana; già nel 2000 quando venni in Italia per il mio viaggio di nozze fui letteralmente folgorato dalla cucina napoletana e dalla pizza. Dovevo assolutamente imparare e così iniziai a fare pratica. Essendo molto competitivo faccio di tutto per essere il migliore in ogni campo a cui mi dedico. Non faccio capire a nessuno in cosa mi sto preparando, non lascio capire i miei metodi. Così quando sono pronto per una gara qualsiasi, ci vado per vincerla. Alla fine nel 2007 desiderai fortemente gareggiare per il Campionato Mondiale a Napoli. Vinsi. Fu meraviglioso. E anche difficile. Quel momento è stato una pietra miliare nella mia vita e penso anche nell’industria della pizza in America».
Quante pizzerie possiedi negli Stati Uniti oggi?
«Ho 8 pizzerie, ma entro Marzo saranno 11. Ci stiamo ampliando molto».
Descrivici il tuo rapporto con la cucina Italiana e la tradizione della pizza
«Rispetto molto la pizza Italiana. I miei rapporti con essa sono molto profondi ora. Gli Stati Uniti hanno reso popolare la pizza, l’hanno resa per così dire globalizzata, ma le sue radici, la vera passione e dedizione portano all’Italia. Mio nonno Angelo Gemignani veniva da Lucca, mia nonna diceva di avere origini sarde: la pizza, la passione, l’amore e l’essere Italiano sono nel mio sangue. Penso che la tradizione sia molto importante per valorizzare la pizza regionale, cioè la Romana, la Napoletana, la Chicago, la NY Style ecc. La pizza oggi è internazionale. Ci ho messo molto per imparare e guadagnarmi rispetto nel mondo pizza, ma è anche vero che ho lavorato con persone molto speciali: i miei avversari, gli organizzatori, tutti sono stati meravigliosi».
Il tuo ultimo libro si chiama The Pizza Bible. Parlacene.
«The Pizza Bible (La bibbia della pizza) avrebbe dovuto essere di 500 pagine e più, e lo era, ma sarebbe stata un’impresa impossibile lasciarla così per i costi di pubblicazione.
È una guida passo per passo nella conoscenza delle pizze regionali di tutto il mondo. Il cliente è al centro del libro. Per me questo libro è importante per due ragioni: non solo per insegnare nuovi stili, ma anche per far capire la mia filosofia. Ricordatevi che bisogna avere una mente aperta. Io non mi sono soffermato solo su uno stile, ma li ho abbracciati un po’ tutti. Nell’industria americana non ci sono molte persone che conoscono o che capiscono le pizze regionali Italiane o degli Stati Uniti. Ho pensato a loro e dedicato a loro il mio lavoro sin dall’inizio. The Pizza Bible non può sacrificare nessuno stile, proprio come la Bibbia non lascia fuori nessuno. Scrivere questo tipo di libro è stato come prendere un impegno con me stesso».
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