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Andrej Godina è stato premiato da SCAE (Speciality Coffee Association of Europe), l’associazione europea che opera per l’eccellenza del caffè, durante una delle manifestazioni più importanti per il mondo dei caffè speciali, il World of Coffee 2014, svoltosi a Rimini lo scorso giugno. Parliamo con lui di Espresso.
Andrej raccontaci brevemente com’è iniziato il tuo percorso professionale.
«Io sono di Trieste, il più grande porto italiano per l’importazione del caffè: lì lavoravo come perito merceologo, ovvero controllavo la qualità delle merci in arrivo, tra cui per la maggior parte il caffè. Così mi sono avvicinato al mondo dei chicchi. Avevo 18 anni e ho iniziato i primi corsi sulla materia. Poi mi sono laureato e in seguito ho conseguito l’unico dottorato di ricerca dedicato al mondo del caffè, un dottorato interdisciplinare in Scienza, Tecnologia ed Economia nell’Industria del Caffè, presso l’Università di Trieste. La vera passione per il caffè l’ho scoperta già durante il primissimo corso di aggiornamento, quando ho preso consapevolezza che dietro quella tazzina calda che si beve ogni giorno c’è un universo complesso e grande che abbraccia luoghi e professionalità lontani, Paesi che vanno dai Tropici all’Europa, figure che vanno dal coltivatore al torrefattore fino al barista e al consumatore».
Ma qual è lo stato di salute dell’Espresso italiano?
Molti denunciano che la qualità è bassa, sia per colpa della scelta delle materie prime che per la poca professionalità del barista. Ricordiamo per esempio lo speciale di Report su Rai 3.
«In media la qualità dell’Espresso italiano è bassa rispetto agli standard di eccellenza. Mi spiego: su scala mondiale facciamo un caffè abbastanza buono, ma non ottimo, ed è un male perché noi siamo la patria dell’Espresso. Le cause di una tazzina che presenta difetti a livello organolettico sta a volte nella bassa qualità delle tipologie di caffè usate nella miscela, ma a volte sta nella poca formazione dei baristi stessi. Anche la manutenzione delle macchine conta nella qualità del prodotto finale. Dicevamo una qualità media. Poi ci sono eccellenze: esistono ad esempio a Firenze, dove vivo, tre luoghi dove il caffè è top, dove troviamo un’offerta variegata, miscele ottime, o tostature monocoltura, caffè speciali. Sono lo Shake Caffè, il Caffè Ditta Artigianale, la Milkeria, ma ci sono molti altri esempi in Italia di bar in cui l’Espresso è davvero un Espresso con la E maisucola».
E al ristorante cosa comporta un caffè di bassa qualità?
«È un peccato che si mangi un’ottima pizza, magari Stg, o un piatto a km0 ben fatto con prodotti di qualità, bevendo un vino di alta gamma e poi si finisca un buon pranzo bevendo un caffè pessimo».
Cosa si può fare perché baristi e ristoratori alzino la qualità della tazzina?
«Occorre formazione, tanta. E come è successo per il vino occorre fare cultura di prodotto e segmentare: io posso bere ad un euro un caffè che presenta difetti in tazzina e allo stesso prezzo un caffè ottimo. Se si facesse conoscere al barista, formandolo, e al consumatore, spingendolo a scegliere fra più offerte, quanto può essere diverso un caffè dall’altro, entrambi imparerebbero a capire cos’è un Espresso di qualità, rispetto a quello di bassa qualità. Il gusto va educato. Ecco, perché non pensare ad una carta dei caffè al bar? Come per i vini o per le acque? Auspicherei che questo accada. E inviterei i professionisti del fuori casa a non affidarsi ad un marchio e ai plus finanziari che l’azienda propone, ma di scegliere le miscele e basta, in base al gusto del prodotto che un marchio offre».
E gli stranieri che vengono in Italia percepiscono la qualità media o a volte bassa dell’Espresso italiano?
«Non ancora, perché la nostra tazzina non è di bassa qualità, ma non è neppure il top come dovrebbe essere. Spagna, Grecia, Paesi del Mediterraneo percepiscono la nostra tazzina buona, perché il loro caffè, mediamente, è di qualità inferiore. Ma le dico che ci sono Paesi emergenti in cui l’Espresso è migliore, in media, del nostro. Fra questi alcuni Paesi dell’Asia o del Nord Europa. Se non innalziamo la qualità, dalla scelta delle miscele, passando per torrefazione e produzione, fino alle competenze del barista, prevedo che molti Paesi ci supereranno e molte aziende straniere verranno a vendere qui, scalzando le nostre».
13/10/2014
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