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Quale Pizzeria ci attende?

 

news.jpgAnno più, anno meno la pizzeria, la casa della pizza, conta quasi 300 anni di vita. Una bella età non c’è che dire!
La prima in assoluto vide la luce a Napoli nell’anno 1727, si chiamava Zi Ciccio ed era allocata lì dove oggi c’è Piazza Cavour.
Da allora questa tipologia di locale, vanto e icona della ristorazione italiana, ha subito continui mutamenti, in special modo negli ultimi cinquant’anni; un processo evolutivo dovuto a fattori sociali ed economici che l’hanno indotta a trasformarsi prima in ristorante-pizzeria, intorno agli anni 70 del secolo scorso, poi ad accoppiarsi con teutonici o anglofili pub negli anni 90, fino a miscelarsi, a volte in modo confuso con il più eterogeneo e vasto mondo della ristorazione fuori casa: bar, self service, snack ecc.
Ma la sua evoluzione pare non sia terminata, insidiata da una sempre maggiore concorrenza, pressata da una domanda che muta in relazione alla complessità e dinamicità della vita moderna, la classica pizzeria sta cercando una nuova e più plausibile collocazione nel contesto del mercato. Una ricerca che la induce a volte a ripercorrere antiche strade, a volte a esplorarne di nuove


news-2.jpgÈ possibile stabilire oggi cosa si intende per “pizzeria”?
A questa domanda, per certi versi banale, non è poi così semplice dare una risposta.
Il mondo pizza è davvero variegato e muta in continuazione alla ricerca di una identità futura, soprattutto alla ricerca di format impattanti e remunerativi.
Pizzeria tradizionale, Ristorante-pizzeria, pizzerie specializzate con Take Away, Pizza Delivery.
Secondo alcuni analisti la tipologia di locale dove si propone Pizza che si affermerà nel futuro prossimo venturo, una volta superata la contingenza, dovrà tener conto di una serie di esigenze: il consumatore sarà necessariamente cambiato, disposto a spendere, ma con sempre maggiori pretese. In questo caso alle sue più alte esigenze bisognerà rispondere con una proposta che tenga in massimo conto il rapporto qualità prezzo.
Poi il consumatore avrà sempre più voglia di essere accolto e servito con ogni riguardo.
news-3.jpgIl locale quindi dovrà essere concepito per l’abbisogna senza tuttavia dar fondo ad investimenti stratosferici per aprire un locale. Investimenti che di fatto inficerebbero una corretta e attenta gestione del locale, fattore questo che insieme alla qualità del cibo offerto e del servizio sarà uno degli aspetti più importanti per competere sul mercato.
Sotto altri punti di vista invece l’innovazione che deve garantire nel prossimo futuro deve essere ancora più spinta.
Certo non si dovrà giungere ai paradossi delle pizzerie aperte su second life, in questo momento un puro gioco per adulti e meno adulti che nel web trascorrono le loro giornate, ma forse è il caso di guardarsi un po’ in giro e soprattutto immaginare un possibile locale con la testa dei giovani, che poi saranno i consumatori del futuro che potranno sempre e comunque nutrirsi della pietanza più semplice e informale e coi pochi euro vivere una serata insieme. Sì, la pizza e la pizzeria è anche e soprattutto questo, dare molto con poco.

Ma c’era un tempo ed un personaggio che frequentava le pizzerie senza dare neanche quel poco, o forse dava tantissimo?
Quel personaggio era Gabriele D’Annunzio.
La storia: Gabriele D’annunzio, poeta e incallito vivier per alcuni anni visse a Napoli, aveva già fama di grande poeta oltre che di spericolato playboy, ma era sempre in bolletta, anzi era inseguito ferocemente dai creditori. Ma non se ne importava più di tanto: lui era il vate. C’è un aneddoto legato alla pizza che vede il poeta comporre il testo della celebra canzone ‘A vucchella” sulla tovaglia di un tavolino della pizzeria Port’Alba e poi con quella tovaglia, autografata da una canzone immortale pagò i conti che aveva in sospeso, pizze mangiate e mai pagate. La pizza ispiratrice di poesia, anche.


news-4.jpgLa pizzeria di un tempo: com’era la pizzeria a Napoli verso la metà dell’800?
Ce la descrive Emanuele Rocco: “La bottega del pizzajuolo si compone di un banco su cui si manipolano le pizza, sormontato da una specie di scaffale ove sono in mostra i commestibili e ingombro di vasi contenenti sale, formaggio grattugiato, origano e pezzetti d’aglio. Vi sono poi una serie più o meno estesa di camerini ove si mangia che spesso hanno l’accompagnamento di una camera superiore dove si sta con più libertà e di un forno sempre accesso che non sazia mai la bramosa bocca”.

 

Giuseppe ROTOLO

 

 

Articolo tratto da Pizza&core collection n 116

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01/06/2023

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