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Simone Padoan: è tempo di progettare il futuro. Spedirò le mie pizze in tutt’Italia

«Voglio poter confermare il mio team. Perciò mi preparo a cambiare. Sì al delivery ben organizzato, no ad abbassare l`asticella: avremo grande voglia d`esperienze di qualità»

Chi pensava di ritrovarsi in una situazione del genere, nel 2020? Invece siamo qui, costretti a essere fermi. Il primo mese ho deciso di non lavorare: in parte per rispetto, in parte per paura, in parte perché avevo oggettivo bisogno di rallentare. Io dico: dovevo arrivare ad annoiarmi.

 

In realtà si riescono a fare tante cose anche a casa, non mi annoio del tutto. Eppure, noi siamo persone che lavorano con le mani, in prima linea in cucina, vediamo tanta gente... Nel momento stesso in cui ci siamo dovuti fermare, siamo arrivati ad annoiarci un po`. La noia è una condizione dell`animo che non necessariamente ha solo aspetti negativi: contribuisce a pulirti la mente, quindi a sviluppare nuove idee sull`oggi e sul domani.

 

Questo è indispensabile per immaginare il futuro. Io voglio reagire, e questo è un aspetto positivo. C`è indubbiamente ritrosia a pensare positivo, in mezzo a tutto questo dolore, al dramma. oadoan.jpgFaccio fatica a postare o scrivere qualcosa, perché mi sento estremamente fortunato e quindi a disagio nel esporre anche solo un po` di ottimismo. Però è una necessità, non possiamo solo compiangerci.

Come dicevo, ho voluto stare fermo un mese. Per le ragioni che ho scritto prima, ma anche perché all`inizio percepivo in tutti l`impellenza di stare in casa, di riscoprire la famiglia, nel bene e nel male. Magari anche nelle liti! La settimana scorsa invece sono tornato nel mio laboratorio e ho ripreso a lavorare. All`inizio impastando da solo, senza alcuna frenesia, senza tempi prestabiliti, con l`intenzione semplicemente di rimettere in movimento il corpo e la mente, dunque per pensare anche al modo migliore con il quale affrontare questi momenti difficili e soprattutto a quello che sarà il dopo.

I primi impasti che ho realizzato sono stati dolci, destinati a me, ai miei cari ma anche ai vicini di casa, persone che prima di adesso conoscevo perlopiù solo di vista e che oggi invece hanno un nome e cognome, abbiamo imparato a sapere chi sono, frequentandoci a distanza. E questa è una cosa buona.

 

Da qualche giorno, come tanti, ho iniziato con le consegne a domicilio. Tanti anni fa avevo lanciato I Tigli a casa, il nostro primo delivery: ma senza pubblicizzarlo troppo, era più che altro un esperimento. Ora l`abbiamo ripreso, con il vantaggio di avere un`esperienza alle spalle. Abbiamo già tutto predisposto, non ci è stato necessario mettere in campo idee nuove. Intendiamoci: non lo si fa certo per soldi, in questo momento. Semmai per riavviare la macchina, per rimanere nella mente e nei cuori della gente, apportare loro un sorriso. Con me ci sono uno o due ragazzi, gli altri sono tutti a casa, in cassa integrazione.

A chi vuole una delle mie pizze chiedo di non scrivermi, di non utilizzare i social, ma di chiamarmi direttamente al telefono. Siamo tutti distaccati gli uni dagli altri, isolati nelle nostre abitazioni: preferisco allora fare due chiacchiere, "dimmi chi sei, dove sei, quali sono i tuoi gusti, quali le tue esigenze e aspettative, e in base a questo vediamo di poterti accontentare". Il dialogo è fondamentale.

Pensiamo anche al dopo, che non sarà facile. E allora questo I Tigli a casa potrà avere degli sviluppi interessanti. Oggi consegniamo in un raggio di circa 20 chilometri. Non la classica pizza tonda già pronta, giusto da addentare: ma le basi e gli ingredienti separati (una caratteristica della nostra pizza. Un tempo ci attirava una marea di critiche, oggi è un vantaggio), con cotture e preparazioni da concludere facilmente a casa. La trovo una cosa piacevole: ti arriva la consegna, devi lavorarci un po`, toccare con mano, seguire le istruzioni... Diventa una forma d`interazione, un modo per "vivere" la pizza de I Tigli.

 

Il team de I Tigli al lavoroL`idea è quella di allargare questo meccanismo, di spedire in tutta Italia, con box termici, tutto a freddo, nell`arco delle 36 ore. Etichettiamo ogni cosa, shelf life di quattro giorni. Ciò, anche per le prospettive che ci attendono: quando riapriremo, avremo restrizioni che ci impediranno di poter tenere lo stesso numero di coperti di prima, almeno in tutto il periodo durante il quale dovremo convivere con questa situazione. Dunque dobbiamo pensare a strumenti nuovi, perché non voglio rinunciare al mio organico, non voglio allontanare nessuno dei miei ragazzi. Devo dunque inventarmi forme diverse per poter mantenere la nostra struttura.

Abbiamo intanto creato il gruppo de I Tigli per sentirci continuativamente, ci diamo il buongiorno al mattino, ci facciamo videochiamate per salutarci e condividere le idee.

 

Insomma, il delivery è una strada che si deve percorrere. Non è il futuro della ristorazione, se non altro perché è sempre esistito. Ma il Coronavirus non scomparirà da un giorno all`altro, e lascerà la paura dopo di sé, per un po` di tempo. Dunque dobbiamo metterci in azione noi; riprenderà il servizio classico, ma gli andrà affiancato qualcosa di diverso. Prima il personale serviva per gestire un certo numero di clienti in sala; questi diminuiranno, dunque avremo a disposizione risorse interne da impiegare in altro modo, in altre preparazioni, in altre linee di vendita. Dobbiamo essere pronti ed elastici; non è possibile essere certi ora di quello che accadrà, è necessario però rifletterci, fare ipotesi, lavorare con la testa, per cogliere l`attimo e non farci trovare impreparati.

Non bisogna essere pessimisti. Occorre semmai essere responsabili, consapevoli: pensare a quello che si fa, trovare strade alternative. Se cambiano le cose, dobbiamo cambiare anche noi. Di certo sarà ancor più importante l`accoglienza, perché si vorrà essere coccolati, rassicurati. Chi entrerà in un locale avrà desiderio di dimenticare i propri problemi, per il tempo in cui rimarrà; e noi avremo il compito di aiutarlo in questo senso.

 

«Molti dicono: saremo costretti a preparare piatti molto più semplici. Non ha senso. Certo, avremo tutti un po` meno possibilità economiche. Ma rimarrà la voglia di provare nuove emozioni. È sbagliato pensare che domani cercheremo ancora la cucina casalinga, perché è quella che stiamo mangiando ora a casa. Semmai avremo voglia di tornare alle esperienze di qualità. Noi dobbiamo capire come poterle assicurare in completa sicurezza»

 

Uno degli elementi è l`accoglienza, l`altro il cibo. Molti dicono: saremo costretti a preparare piatti molto più semplici. Non ha senso. Certo, avremo tutti un po` meno possibilità economiche. Ma rimarrà la voglia di provare nuove emozioni. È sbagliato pensare che domani cercheremo ancora la cucina casalinga, perché è quella che stiamo mangiando ora a casa. Semmai avremo voglia di tornare alle esperienze di qualità. Noi dobbiamo capire come poterle assicurare in completa sicurezza.

 

 

fonte e foto: identitàgolose.it


23/04/2020

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