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Pizza patrimonio dell’umanità, l’UNESCO dice no!

“No, per il momento no! Provi a ripassare più in là.”logo-unesco.jpg
Potrebbe essere stato questo, in estrema sintesi, il pensiero balenato nella testa dei commissari dell’UNESCO che hanno valutato negativamente la domanda del comitato che proponeva la Pizza Napoletana come patrimonio immateriale dell’Umanità.
Ne parliamo con Rosario Lopa, funzionario del MIPAF, artefice a suo tempo, fra gli altri, della STG, personaggio da sempre vicino al mondo della pizza napoletana.

foto-lopa.jpgAllora Lopa, come ha appreso l’esito della vostra istanza?
«La prima indiscrezione è venuta fuori a Dubai nel corso di un congresso organizzato proprio dall’UNESCO. In quella sede si è saputo che la pizza era stata bocciata, ma era stata promossa l’arte dei liutai di Cremona. Notizia poi confermata con enfasi dagli stessi giornali di Cremona». 

Insomma, si sono fatti una sviolinata da soli, giusto per fare una battuta?
«Beh, ne avevano tutte le ragioni: è un riconoscimento importante e va detto che, loro, come comitato sono stati molto bravi, motivati e compatti, tutte qualità che invece sono mancate al nostro comitato promotore».


È quindi questo il motivo per il quale la pizza è stata bocciata, o piuttosto per il fatto che l’UNESCO avendo recentemente dato un riconoscimento alla DIETA MEDITERRANEA, dandola anche alla pizza correva il rischio di fare un doppione?
«No, non credo che non sia stato dato in funzione della dieta mediterranea. Stiamo parlando appunto di una dieta, uno stile di vita se vogliamo, la pizza invece un prodotto con una sua storia ben precisa e una valenza oltre che una universale riconoscibilità».

E allora perché non siete stati abbastanza bravi?
«Dico che non siamo stati abbastanza uniti, come invece lo sono stati i cremonesi con i loro violini.
Per quanto mi riguarda ho fatto il massimo avendo avuto la fortuna all’inizio di entrare in contatto con il comitato nazionale che propone all’UNESCO le candidature. Poi, quando abbiamo dovuto, (ed era necessario farlo) coinvolgere le istituzioni di Napoli e le associazioni di Pizzaioli Napoletane, sono sorti i primi problemi: solite divisioni, voglia d’improvvisare e la sempre malcelata voglia di coltivare il proprio orticello a scapito dell’interesse della pizza napoletana e di una progettualità di lunga durata».

Quindi, nulla di fatto: ma in fondo, a cosa sarebbe servito questo riconoscimento se già la STG, da quello che si vede non ha prodotto alcunché se non ulteriori divisioni fra le associazioni di categoria napoletane?
«Sarebbe servito eccome, avremmo avuto una risonanza a livello mondiale e sono certo che questa opportunità non avrebbe lasciato indifferente nessun operatore. Un tale riconoscimento avrebbe avuto la forza di ricompattare tutta la filiera e stimolare una progettualità più ampia per la promozione del prodotto e con esse,  ripeto, la filiera intera.
Quindi un’operazione di marketing di primo livello, di cui la Pizza e Napoli hanno certamente bisogno.
Ma così non è potuto essere, purtroppo!»

Quindi la partita è chiusa definitivamente?
«Non è detto, potremo tornare all’attacco per ottenere il nostro riconoscimento: la pizza napoletana per storia, cultura, tecnica e originalità ha tutte le caratteristiche per essere, a pieno titolo, patrimonio dell’Umanità, e i pizzaioli napoletani hanno il diritto, oltre che il dovere di proteggerla e promuoverla. Certo, mi rendo conto che questo processo impone armonia e condivisione, presupposti che io auspico vivamente alle associazioni partenopee».

 



02/02/2012

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